di Daniel Di Martino

Collana Life Design: conoscersi, evolvere e realizzare i propri progetti di carriera.

Seconda Parte 

Life Design, il modello di Burnett & Evans

Nella prima parte dell’articolo dedicato al Life Design abbiamo visto come è nato questo metodo e qual è la sua essenza di base.

In questa seconda parte e nella prossima parleremo di quelli che sono i modelli più importanti delle sue applicazioni, partiamo dal modello di Burnett & Evans.

Il paradigma del Life Design nasce da un bisogno scaturito dalle esperienze di vita dei loro ideatori. Infatti, alla Stanford University esiste un corso chiamato “Design Your Life”, tenuto dai professori Bill Burnett e Dave Evans, che per anni hanno lavorato in diverse aziende della Silicon Valley. Burnett ed Evans hanno avuto percorsi diversi: Evans aveva iniziato a studiare biologia, convinto che rispecchiasse le sue passioni, ma insoddisfatto aveva cambiato corso iscrivendosi a ingegneria meccanica e laureandosi negli anni ‘70. Burnett, invece, ha studiato Design e ha avuto un percorso più lineare. Nelle loro classi, Burnett ed Evans forniscono agli studenti in prossimità di finire i propri studi degli strumenti concreti per rispondere a una delle domande più importanti della nostra vita: “che cosa farò da grande?” Per molti ragazzi (ma anche adulti) è difficile sapere quale sia il proprio posto nel mondo o quale sia il lavoro perfetto. Inoltre, pensare che ciascun individuo sia nato per fare una sola cosa e che debba collocarsi in un ambito specifico, è poco credibile. Il libro “Design Your Life” spiega come sia possibile progettare diverse vite, poterle unire, contaminare, attingere da esse per creare il lavoro dei propri sogni. Secondo Burnett ed Evans esiste un percorso ben specifico per apprendere come poter progettare la propria vita e il Design Thinking ne è il perfetto mezzo. Oltre a una serie di steps che gli autori hanno ideato e prototipato, vengono presentate a intermittenza alcune “dysfunctional believes” e dei “reframes”. Gli steps, tratti dal loro manuale, sono i seguenti:

  • “Parti da dove sei”: definire dove si è, cosa va bene e cosa non va bene grazie a una dashboard che permette di valutare quantitativamente quattro parametri: lavoro, gioco, amore, salute. Il primo fa riferimento alla soddisfazione dal punto di vista professionale e accademico. Di seguito, con il parametro del gioco, si vuole indagare la quantità di divertimento che è presente nella nostra vita. Successivamente, con il terzo parametro, si cerca di capire quanto ci sentiamo gratificati nelle relazioni. E infine, con il parametro della salute, si può osservare quanto ci sentiamo fisicamente in salute.
  • La “bussola”: farsi un’idea della propria visione del lavoro, formulare un pensiero strutturato e scriverlo. Fare la stessa cosa con la propria vita. Vengono utilizzate diverse domande stimolo al fine di favorire la riflessione su “Cosa si vuole e in cosa credo”. L’ultimo passo di questo dispositivo è confrontare queste due visioni e riflettere su quello che si ha scritto.
  • “Orientamento”: per trovare la propria strada bisogna trovare il giusto flow nel rapporto tra coinvolgimento ed energia. Viene dunque proposta l’idea di compilare un diario quotidianamente, per poter segnare le attività della giornata e valutare quanto esse siano state coinvolgenti e quanta energia abbiano richiesto. Questo diario è chiamato il diario dei momenti buoni ed è un allenamento a riconoscere quali siano le attività che fanno stare bene e male nelle proprie giornate, e un invito a chiedersi il perché. Talvolta ci arrabbiamo o siamo tristi, ma non riusciamo ad attribuire una causa al nostro sentimento e questo può creare confusione e disorientamento. Il rischio è quello di attribuire la causa della nostra indisposizione a fattori o persone che in verità non c’entrano. Ecco perché nel diario proposto da Burnett ed Evans si consiglia di annotare le attività e l’energia che ci danno. Per ottenere un risultato più dettagliato si consiglia inoltre il metodo AEIOU2 (Attività, Ecosistemi, Interazioni, Oggetti, Utenti), per avere più informazioni riguardo l’attività.
  • “Sbloccarsi”: il blocco è un momento naturale per qualsiasi progettista o artista. Ma essere bloccati è tutt’altro che negativo: viene definito come “la piattaforma di lancio per la creatività” (Burnett & Evans 2019). Quando un designer è bloccato, è il momento buono per fare uscire tante idee. Il miglior strumento è il brainstorming. Questa è un’attività collettiva che consiste nel generare in un certo lasso di tempo una grande quantità di idee senza logica e soprattutto senza giudizio. Una volta finita “la tempesta” è il momento di creare dei cluster, ovvero di individuare pattern comuni tra le idee generate e assemblarle a seconda dell’argomento o della tipologia. Nel caso del Design Your Life, si prova a tirare fuori quante più idee possibili e a disegnare mappe mentali che creino connessioni e nuovi spunti.
  • “Progetta la tua vita”: dopo aver generato tante idee e creato dei cluster, si passa a progettare la propria vita visualizzando tre idee. Queste idee sono chiamate “Progetti Odissea”: possono essere tre più o meno verosimili e molto diversi tra loro. Ognuno di essi è un possibile futuro e va immaginato per cinque anni, per poter visualizzare anche il lungo termine. In questa attività è consigliato coinvolgere anche altre persone a noi vicine (parenti, amici, fidanzati). Questo esercizio non riguarda tanto il trovare le risposte, quanto “l’imparare ad abbracciare ed esplorare le domande, ed essere curiosi” (Burnett & Evans 2019). Nello specifico, la “Vita 1” deve essere relativa e coerente a ciò che il soggetto sta programmando da tempo, ciò che ha già in mente di realizzare e, quindi, è lo scenario più plausibile o verso il quale ci stiamo già indirizzando. Nella “Vita 2”, invece, i partecipanti saranno invitati a ideare un piano a partire da ciò che farebbero se tutto finisse improvvisamente, ovvero se il lavoro per cui stanno studiando da quel preciso momento non esistesse più. Sono invitati a reinventarsi, pensando a una versione di Sé differente, tenendo a mente il proprio bagaglio di conoscenze e competenze che hanno sviluppato fino a quel momento. Nella “Vita 3”, i partecipanti dovranno ideare un proprio progetto di vita alternativo partendo dalla condizione per cui il denaro e l’immagine di sé non sono un problema. Questo Progetto Odissea è utopico e difficile da realizzare concretamente nella realtà, ma è fondamentale che i partecipanti si interroghino su cosa farebbero se non dovessero pensare al guadagno, ai vincoli economici e al giudizio degli altri. Infatti, in questo modo, potrebbero emergere degli interessi e desideri che i soggetti mantengono latenti, ma che potrebbero incrementare la loro soddisfazione di vita.
  • “Decidi e parti”: dopo aver individuato diversi mondi possibili, bisogna iniziare a cambiare riducendo le opzioni e unire il ragionamento alle emozioni. Inoltre, bisogna chiudere le decisioni, non le opzioni e saper scegliere quella migliore per sé stessi in quel momento. Nel Life Design essere felici vuol dire scegliere la felicità. Il segreto della felicità non è fare la scelta giusta, ma è imparare a scegliere bene, definendo al meglio il proprio processo decisionale. Adottando un processo decisionale ottimale, ogni scelta rende felici e crea più opzioni per un futuro migliore. Il processo di scelta ha quattro fasi nel Life Design:
    1. “Raccogli e crea”: creare nuove intuizioni, ricercare la meraviglia, creare mappe mentali, scrivere la propria visione del lavoro e della vita, scrivere i tre Progetti Odissea e realizzare conversazioni prototipo.
    2. “Restringi”: avere più idee da coltivare, poi ridurle a massimo cinque realizzabili. Se si hanno a disposizione troppe opzioni, si possono raggruppare in categorie o semplicemente eliminarne alcune.
    3. “Scegli saggiamente”: per scegliere bene bisogna comprendere come lavora il nostro cervello quando scegliamo. La parte del cervello che entra in funzione per determinare le nostre scelte migliori è costituita dai gangli basali, dell’area più antica del cervello, producendo scelte sulla base di sensazioni (via emotiva), collegamenti con l’intestino (via viscerale) e le memorie. Per prendere buone decisioni dobbiamo avere accesso alle nostre sensazioni e alle reazioni manifestate dal nostro intestino di fronte alle alternative, prendendo decisioni con discernimento e applicando più di un metodo di conoscenza (cinestetica, sociale, cognitiva, emotiva). Scegliere saggiamente può essere allenato.
    4. “Non soffrire, ma lascia andare e vai avanti”: la predisposizione mentale umana è orientata a prendere buone scelte e quando queste non accadono si soffre per sé stessi e per gli altri; dunque non bisogna tenere aperte le opzioni o riconsiderare più volte la scelta sbagliata o pensare ad altre alternative che possono essere migliori, in quanto il problema non è la montagna di alternative del mondo globalizzato, ma ricordare che le scelte immaginate non esistono in pratica e nel Life Design si sa che esistono possibilità infinite, ma si esplorano solo alcune di esse e si agisce iniziando una scelta. Solo agendo si sceglie e si costruisce la propria strada per essere felici. La felicità è lasciare andare quello che non serve. Se vi è un problema di decisioni, bisogna capire il perché e superarlo. L’importante è non bloccarsi se si hanno tante idee, perché è li che nasce la scelta migliore, ed usare l’immaginazione. Non si può sapere cosa si vuole finché non si sa che cosa si potrebbe volere; quindi, bisogna prima generare molte di idee, poi valutarle e scegliere la migliore per sé stessi.
  • “Prototipi”: nel design, “prototipare” significa concretizzare le proprie idee e vedere come funzionano, se funzionano, cosa può andare bene e cosa no. Nel mondo del Life Design prototipare significa porsi delle domande, iniziare a vivere le esperienze a piccole dosi, parlare con le persone, immaginarsi il futuro in maniera più concreta, fare emergere dubbi e condizionamenti, iterare e creare nuove strade. Ancora una volta parlare con gli altri è fondamentale, perché il confronto consente nell’esporre ad alta voce i propri dubbi, diventarne così più consapevoli, e di raccogliere i pareri degli altri.
  • Gravity problem”: i problemi di gravità vengono citati diverse volte nel Life Design. Si riferiscono a quei problemi su cui non abbiamo potere di risolvere, ma dobbiamo accettare (così come la gravità). Ciò che spesso blocca un designer davanti a un progetto (o una persona davanti alla propria vita) è il non essere in grado di distinguere su quale problema abbiamo potere e quale invece dobbiamo semplicemente accettare.

Lo scopo finale del Life Design è costruire e vivere una vita ben progettata ed equilibrata. Il bilanciamento funziona nel tempo. Vivere la realtà e il “qui ed ora”, sapendo che non si finisce mai di progettare la propria vita, in quanto essa rappresenta un lavoro di design gioioso e infinito, con cui si costruisce la propria strada per il futuro in perenne movimento. Il risultato finale di una vita ben disegnata è una vita ben vissuta.

Nel prossimo articolo scopriremo invece come viene affrontato il Life Design nel modello di Savickas e nel modello del Counseling Italiano, non perdetevi nemmeno questa lettura.

Bibliografia

(1) La Felicità è una Scienza e si può apprendere. Strategie positive per allenare e promuovere il benessere al lavoro e nella vita, Franco Angeli Editore  LEGGI LA NOSTRA RECENSIONE

 

Daniel Di Martino

Psicologo del Benessere & delle Organizzazioni, specializzato in Psicologia Positiva, Empowerment e Tecnologie Positive. Laureato Magistrale con lode presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, presso cui ha ricoperto il ruolo di rappresentante degli studenti per la facoltà di psicologia e di vice presidente di associazione studentesca, per sviluppare la comunità universitaria e promuovere l’aggregazione. Psicologo e Consulente per le organizzazioni e le risorse umane presso Eu-tròpia SB, dove progetta e conduce corsi di formazione, assessment, development center e focus group. Specializzato su temi di Diversity & Inclusion, orientamento e sviluppo di carriera, ricerca e analisi quanti-qualitativa. Segue altri progetti esterni in parallelo di selezione del personale e di progettista di percorsi di potenziamento. Coach certificato all’uso della metodologia Happy Coaching ®.
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