di Riccardo Bubbio

In azienda convivono generazioni differenti con comportamenti, approcci relazionali e modalità di apprendimento molto diversi tra loro: in particolare nei convegni o nei gruppi di discussione sui social si parla molto di Millennials/Generazione Z e di come poterle integrare nel tessuto produttivo aziendale.

Occorre una premessa, i Millennials sono le persone nate tra il 1980 e il 1995: la prima generazione della storia a essere completamente digitalizzata e ad aver raggiunto l’età adulta nel nuovo millennio; non sono nativi digitali ma hanno dimestichezza con le nuove tecnologie. Idealisti e avventurosi vengono definiti spesso narcisisti ed impazienti.

I giovani della Generazione Z nascono tra 1995 e il 2010, a cavallo del millennio, sono volenterosi e creativi, desiderosi di lasciare un segno positivo nella società: sono ecologisti ed intraprendenti, perennemente online e alla ricerca di autenticità.

Se vogliamo comparare le due generazioni, pur sapendo che stiamo generalizzando, possiamo dire che i Millennials sono stati definiti come la generazione “adolescenziale” rispetto ai più giovani della Generazione Z, che sembrano essere più pragmatici e apparentemente più adulti di chi li ha preceduti.

Le nuove generazioni sono entrate e stanno ancora entrando oggi nel mondo del lavoro, e – in alcuni casi – si stanno preparando per occupare posti di responsabilità ora occupati dei “boomer” e dalla generazione X. Per far sì che il passaggio generazionale sia preceduto da una sinergia virtuosa, occorre garantire un ambiente di lavoro piacevole, stimolante, che favorisca l’impegno e l’apprendimento, consentendo così all’azienda di perseguire i propri obbiettivi di business con successo.

Molto è stato scritto sul tema “le nuove generazioni dovrebbero……” io vorrei invece focalizzarmi proprio sull’opposto; ovvero come le aziende possono cambiare, adattarsi ed evolvere in modo da creare un ambiente favorevole ai più giovani, diverso e più attuale di quello tradizionale che ben conosciamo.

Secondo le nuove generazioni, l’azienda non è un microcosmo a sé stante main una cornice multi-stakeholder e ha radici nella società civile: People, Profit, Planet sono i valori dell’azienda contemporanea e attrattiva, dell’azienda che genera valore non solo per sé stessa ma per le persone che ci lavorano, per la supply chain e per la comunità civile circostante.

Per fare ciò il management deve essere trasparente poiché l’esposizione mediatica generata dai social fa emergere le incongruenze comportamentali; traente ovvero in grado di attrarre talenti e competenze e trainante cioè capace di indicare la via, la strada da percorrere e riuscire far convergere in questa le energie di tutti i collaboratori.

Se condividete queste premesse, allora ecco un decalogo di parole chiave, utili per un ripensamento dell’organizzazione azienda tale da renderla attraente, accogliente e interessante da parte delle nuove generazioni:

  1. #appartenenza le persone, soprattutto le più giovani, vogliono sentirsi “parte di” e riconoscersi nei valori espressi da un’azienda e dalla sua organizzazione. C’è una richiesta di appartenere ad una comunità aziendale nella quale si riconoscono e dove vengono considerati non solo come portatori di competenze tecniche.
  2. #apprendimento il supportare le Persone ad acquisire skills a prova di futuro mediante l’apprendimento continuo “in the flow of work”, anche mediante strumenti di intelligenza artificiale, produce non solo maggior produttività ma anche maggior soddisfazione ed engagement
  3. #competenze chiave le 7 competenze chiave 2025 saranno: apprendimento attivo, problem solving, pensiero critico, creatività, influenza sociale, resilienza, ideazione e innovazione
  4. #contaminazione la condivisione di metodologie, esperienze e conoscenze di professionisti provenienti da ambienti diversi consente l’identificazione di soluzioni innovative e creative
  5. #cura l’attivazione di servizi di supporto sociale e psicologico rappresentano oltre che aiuto concreto per le persone anche un “termometro dinamico” per misurare lo stato di salute dell’organizzazione, grazie alla possibilità di rilevare alcuni “eventi sentinella” e attivare immediatamente le azioni correttive
  6. #digitalizzazione in uno scenario volatile, incerto, ambiguo e complesso occorre sfruttare tutte le potenzialità del digitale: per farlo servono competenze, coinvolgimento, partecipazione, condivisione e un nuovo mindset organizzativo
  7. #diversity la strategia di Diversity&Inclusion non va limitata a singoli cluster di persone poiché’ in questo modo si accentua la diversità: occorre invece evidenziare le caratteristiche di ognuno valorizzando competenze uniche che le persone esprimono indipendentemente dal “gruppo valoriale” di appartenenza: occorre cercare punti di aggregazione e non enfatizzare i punti di frattura
  8. #identità le dimensioni identitarie delle persone rappresentano una ricchezza per la loro crescita; la formazione può potenziare il valore di ognuno partendo proprio dai propri valori distintivi
  9. #liquidità l’effetto disruptive dell’emergenza pandemica deve essere visto come un’opportunità   per (r) innovare e vitalizzare i processi aziendali rivalutando e rivedendo tempi e spazi del lavoro dove il fisico interagisce con il virtuale contribuendo a determinare nuove dimensioni, nuove idee, nuovi pensieri
  10. #reputazione la reputazione non si può basare solo sul brand o sulla comunicazione ma deve passare da messaggi/atteggiamenti chiari di ambassador all’altezza dei valori aziendali che attuino delle azioni concrete

Per concludere, una strategia sostenibile dovrebbe – a mio parere – tendere a “avvicinare le perché solo la passione ci rende preziosi, unici e innovativi nella vita lavorativa come in quella personale.

“Stiamo camminando, ci stiamo connettendo, stiamo osservando ma non stiamo ad aspettare “

Cit. Cluetrain manifesto tesi n. 95

 

 

Riccardo Bubbio

Torinese, Vicepresidente dell’Associazione per la Direzione del Personale Piemonte e Valle d’Aosta e coordinatore del progetto Neuroscienze applicate al HR, dopo una laurea in Scienze Politiche, ha ricoperto numerosi ruoli manageriali nel gruppo bancario IntesaSanpaolo coordinando tra gli altri il progetto “Capusability” vincitore di “HR Innovation Award 2014”. Svolge attività di docenza presso l’Università degli Studi di Torino e presso l’Istituto Universitario Salesiano.