di Jessica Gandolfo

Un’analisi basata sulle prospettive di Manfred F.R. Kets de Vries

Sempre più di frequente, durante i miei training online sulle soft skills manageriali mi sento dire: “Eh ma queste cose dovrebbe sentirle il mio Capo”, “fosse per me, ma dall’alto non ci sentono”, “oramai non ci credo più, faccio il mio e mi guardo intorno, appena possibile scappo”!!!

Questo avviene a prescindere dall’argomento trattato: infatti che si concentri sulla gestione dei collaboratori o sul dare e ricevere feedback, sul motivare e coordinare il team o sul comunicare e ascoltare in modo efficace, sull’usare l’intelligenza emotiva al lavoro o sul fare squadra a distanza, sono queste le osservazioni che emergono da ciascun workshop.

È sicuramente vero che cambiamenti significativi producano un alto impatto, a cascata, quando hanno origine dal vertice, da un board aziendale, ad esempio, eticamente convinto ad investire sul benessere dei propri dipendenti, perché sanno perfettamente che se i lavoratori stanno bene, producono di più e non cambierebbero azienda per qualche “K” di differenza.

Ma siamo anche coscienti del fatto che noi non possiamo cambiare gli altri, tanto meno i nostri Capi; possiamo però prenderci la responsabilità di far lavorare al meglio il nostro team, fungendo in qualche modo da “parafulmine” e non proiettando un’immagine di manager/team leader/coordinatore preistorica e tiranna. Insomma, possiamo fare la nostra parte per creare un ambiente di lavoro sano dialogando con le persone, ascoltandole, supportandole per crescere professionalmente e soprattutto fidandoci di loro!

Vista la ripetitività delle frasi iniziali, in diversi contesti organizzativi e differenti ruoli, mi sono incuriosita e ho scelto di andare a fondo alla questione. Ho trovato in letteratura una possibile spiegazione e narrazione di come mai, così di frequente, e in modo generalizzato (dall’automotive alla farmaceutica, dall’agenzia di marketing alla banca) troviamo al comando le persone meno adatte a guidare un team, se non addirittura un’azienda intera.

Avete presente il film di Martin Scorsese con Leonardo Di Caprio nel “Il Lupo di Wall Street”?

Ecco questa pellicola ci offre uno sguardo crudo su un individuo, Jordan Belfort, che ha scalato le vette del successo finanziario attraverso manipolazioni, avidità e comportamenti psicopatici. La sua storia è un monito sulle conseguenze distruttive della mancanza di empatia e integrità nei leader aziendali. Sebbene Belfort sia stato acclamato come “Il Lupo di Wall Street”, alla fine ha pagato un prezzo alto per la sua condotta criminale, con una condanna per frode e riciclaggio di denaro. Questo ci ricorda che il successo superficiale può nascondere un vuoto morale che alla fine porta alla rovina.

Ebbene sì, nelle organizzazioni di tutto il mondo, ci sono individui che esercitano un’influenza distruttiva attraverso un mix di fascino, manipolazione e intimidazione. Questi individui, noti come Seductive Operationally Bullies (SOB), rappresentano una minaccia per la cultura aziendale, il benessere dei dipendenti e il successo organizzativo.

In questo articolo esploreremo il concetto di SOB all’interno delle organizzazioni, prendendo spunto dalle prospettive dell’autore Manfred F.R. Kets de Vries, psicoanalista e docente di Gestione delle risorse umane presso l’Istituto Europeo di Gestione Aziendale (INSEAD) di Fontainebleau (Francia). Autore, coautore o curatore di oltre trenta pubblicazioni, è considerato fra i più importanti pensatori di management al mondo.

E dunque, chi sono i SOB?

Sono individui che combinano un’affascinante personalità con comportamenti manipolativi e intimidatori per raggiungere i propri obiettivi a spese degli altri. Secondo Kets de Vries, i SOB sono spesso leader carismatici con una spiccata mancanza di empatia e un desiderio insaziabile di potere e controllo. Spesso camuffati da persone di successo e affascinanti, i SOB possono avvelenare l’ambiente lavorativo e minare la salute delle organizzazioni stesse.

Quali sono le loro caratteristiche?

Narcisismo estremo, comportamenti di bullismo, mancanza di consapevolezza delle proprie azioni e un talento innato per la manipolazione degli altri individui, ovviamente a proprio vantaggio.

Per questo motivo, possono avere un impatto devastante sull’ambiente di lavoro e sul benessere dei dipendenti: le loro azioni possono minare la fiducia, generare stress e creare un clima di paura e insicurezza. Inoltre, il loro comportamento egocentrico e distruttivo può compromettere la coesione del team e ostacolare il raggiungimento degli obiettivi organizzativi.

Un possibile identikit.

Possono essere irresistibili, con una straordinaria capacità di sedurre gli altri e in grado di convincerci a vedere e fare le cose a modo loro. Sono maestri del mimetismo, fingono di provare le emozioni degli altri, sanno essere gentili all’inizio di una relazione, ma una volta che pensano di aver “agganciato” l’altra persona, la loro vera natura traspare. Né loro, né le loro promesse sono autentiche.

Non accettano mai la responsabilità di avere commesso un errore, anzi, danno sempre la colpa agli altri. I SOB sono anche maestri della razionalizzazione ed estremamente bravi a giustificare i loro misfatti, inducendo senso di colpa, vergogna e terrore nel capro espiatorio di turno.

Ironia della sorte, i SOB sono colleghi o capi entusiasmanti, pronti a correre rischi che gli altri non correranno e quindi appaiono audaci e coraggiosi. Altre volte, si atteggiano a geni incompresi, il che porta le persone a far attribuire il loro “strano” comportamento ad un temperamento creativo. Sicuri di sé, calmi sotto pressione e socialmente abili, queste figure sembrano leader naturali. Sotto questo aspetto, si adattano perfettamente alle organizzazioni moderne e in rapido movimento, che diventano luoghi ideali per lo sviluppo dei SOB, poiché le capacità politiche, piuttosto che la competenza, sono le chiavi per raggiungere il vertice.

Sfortunatamente, la qualità patologica della loro personalità richiede tempo per essere riconosciuta, per questo spesso il comportamento inappropriato e irresponsabile dei SOB può causare grandi danni e sofferenza a lungo termine, sia nei loro collaboratori che nell’organizzazione, così come può avere un effetto negativo sulla cultura organizzativa nel suo complesso (Kets de Vries e Miller, 1984).

E’ un fenomeno diffuso o riguarda solo la narrazione dei film americani?

Partiamo dal presupposto che, cercando in rete, si nota come in molti si chiedano “Perché così tanti incompetenti diventino Leader?”. In riferimento a questa domanda, una ricerca Gallup mostra come circa il 75% dei lavoratori lascino la loro occupazione a causa della leadership del proprio superiore giudicata inadeguata. Infatti la maggior parte dei leader falliscono, soprattutto nei primi 24 mesi, e la buona leadership in generale è considerata l’eccezione, non la norma.

Molto spesso, infatti, i nostri sistemi premiano la sicurezza in sé stessi e l’assertività confondendole con la competenza, e certe manifestazioni di arroganza (viste talvolta come espressione di carisma e fascino) vengono scambiate per potenziale di leadership. Ciò è coerente con la dinamica che i gruppi senza leader hanno una tendenza naturale ad eleggere come leader individui egocentrici, troppo sicuri di sé e narcisisti. Lo stesso Freud sosteneva che il processo psicologico di leadership si verifica perché un gruppo di persone, i seguaci, hanno sostituito le proprie tendenze narcisistiche con quelle del leader. Non sorprende quindi che l’immagine mitica di un “leader” incarni molte delle caratteristiche che si trovano comunemente nei disturbi della personalità, come narcisismo – psicopatia – istrionismo e personalità machiavelliche (da Adolf Hitler a Josef Stalin, da Patrick Bateman a Martin Vanger, da Steve Jobs a Steve Ballmer, da Donald Trump a Vladimir Putin, da Richard Branson e Elon Musk). Insomma, uno stile Dorian Gray!

Quello che accade spesso è che arroganza ed eccessiva sicurezza sono inversamente correlate alle competenze di leadership. In effetti, che si tratti di sport, politica o affari, i migliori leader sono solitamente umili e, sia per natura che per educazione, l’umiltà è una caratteristica molto più comune nelle donne rispetto agli uomini. Ad esempio, le donne superano gli uomini in termini di intelligenza emotiva, che è un forte motore di comportamenti umili. Eppure le donne in posizioni alto-dirigenziali sono molto poche. Il risultato è un sistema patologico che premia troppe persone incompetenti che vengono promosse a lavori dirigenziali rispetto a persone più competenti.

Jessica Gandolfo approfondisce l’argomento con considerazioni sulle strategie da attuare per contrastare il fenomeno dei SOB, la seconda parte dell’articolo sarà disponibile nei prossimi giorni su Management Talks.

Jessica Gandolfo

Psicologa, specializzata in Lavoro e Organizzazioni, Team Builder, Coach (ACSTH® Erickson International), Consulente nell’area Risorse Umane e Leader di Yoga della Risata (Laughter Yoga International University). Interviene nei processi di sviluppo delle persone, realizzando Focus Group e indagini di Clima Organizzativo, percorsi di sviluppo per Talenti, Team Coaching, Team Building e attività di Assessment e Development Center. Effettua interventi formativi sul Benessere Organizzativo, Comunicazione Efficace, Gestione del cambiamento, Leadership, Intelligenza Emotiva, Gestione del conflitto, Gestione dei collaboratori, Feedback e Creatività.

Specializzata nella sensibilizzazione delle dinamiche di gruppo seguendo la metodologia di Lewin del Training Group – di Enzo Spaltro (Università delle Persone); certificata come OMT trainer (Master in Outdoor Management Training® e formazione esperienziale) – di Marco Rotondi presso IEN Business School, diplomata CSEN nei 9 pilastri della Scienza del Sé – di Sandro Formica, Miami (USA) e certificata al metodo dell’Happy Coaching® – di Rosanna Gallo presso Eu-tròpia. E’ appassionata di Sviluppo delle persone nelle organizzazioni, Creazione di valore attraverso attività lavorative, Individuazione e valorizzazione dei talenti, Formazione e aggiornamento sia delle capacità sia delle competenze. Supporta anche progetti nel no profit, negli enti scolastici e negli eventi di divulgazione culturale.

Co-Autrice del libro «La felicità è una scienza e si può apprendere», Franco Angeli 2022. LEGGI LA NOSTRA RECENSIONE.

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