…per risolvere problemi e soprattutto per imparare a non crearli.
di Mauro Pinna
Karl Popper affermava:
“Tutta la vita è risolvere problemi”
Una frase semplice, ma che racchiude una profonda verità sulla nostra quotidianità. Tuttavia, spesso ciò che percepiamo come problema, potrebbe non esserlo davvero. Paul Watzlawick, nel suo libro Change, sottolineava: “I problemi esistono poiché esistono le soluzioni ai problemi”.
Questa affermazione può essere parafrasata in: “I problemi esistono perché esistono le soluzioni”. Ma allora, se non c’è soluzione, non si tratta di un problema, bensì di un dato di fatto che dobbiamo accettare. Tuttavia, distinguere tra problemi e dati di fatto non è semplice.
Il Bias di Guardare al Passato
Passato, presente o futuro: da dove iniziare?
Quando affrontiamo una difficoltà, tendiamo spesso a rivolgerci al passato, cercando le cause che l’hanno generata. Ma, come evidenziato da molti esperti, trovare la causa non significa trovare la soluzione. Il passato è immutabile: possiamo cambiare la percezione che ne abbiamo, ma non i fatti.
La vera azione si svolge nel presente, guidata da una proiezione verso il futuro. Ad esempio, per superare un esame o rispettare una scadenza lavorativa, programmiamo le nostre azioni attuali per raggiungere un obiettivo futuro. Perciò, trovare soluzioni efficaci richiede di concentrarsi sul qui e ora, analizzando non il perché, ma il cosa stiamo facendo e il come funziona il problema.
La logica strategica ha radici nella Scuola di Palo Alto, dove a metà del Novecento è nato il Problem Solving Strategico (PSS). Giorgio Nardone, allievo prima, amico e collega dopo, di Paul Watzlawick, ha sviluppato un modello che integra la casualità non lineare con approcci di logica non ordinaria, come paradossi e autoinganni.
A differenza della causalità lineare, che cerca una sequenza di causa-effetto, il PSS adotta una causalità circolare, dove le azioni, le reazioni e le dinamiche di un problema si influenzano reciprocamente.
Anche le neuroscienze hanno contribuito a una nuova comprensione dei processi decisionali. Secondo Antonio Damasio, emozione e ragione non sono separate, ma intrecciate. Questo ribalta la visione tradizionale che considerava la razionalità come guida principale delle scelte.
La prevalenza dell’irrazionale è stata evidenziata anche da Daniel Kahneman, nel suo libro “Pensieri lenti e veloci”, dove descrive come spesso le emozioni dominano le decisioni.
Karl Popper (1972) indicava che il processo della ricerca scientifica e le fasi che conducono alle scoperte sono le seguenti:
- si inciampa in un problema;
- si studiano tutti i tentativi messi in atto come soluzioni;
- si cercano soluzioni alternative, le si applicano;
- si misurano gli effetti;
- si aggiusta la strategia sino a renderla efficace.
Questo può essere considerato il fondamento di qualunque processo di problem solving.
Le Fasi del Problem Solving Strategico (PSS)
Il PSS aggiunge strumenti pratici per affrontare e risolvere i problemi, strutturati in sette fasi fondamentali:
Fase 1 – Definire il problema
Come dice un antico proverbio cinese:
“Partire dopo per arrivare prima”
Il primo passo del problem solving strategico consiste nel definire in maniera attenta e pragmatica il problema, indagando cosa la persona intende quando parla del problema, come si manifesta, chi coinvolge. Definire il problema ci inchioda a un procedimento rigoroso, che ci salva dalla nefasta influenza delle nostre idee pregresse e da interpretazioni fuorvianti.
Fase 2 – Accordare l’obiettivo
Citando Seneca:
“Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”
Dopo aver definito nella maniera più descrittiva e concreta il problema, si procede con la definizione dell’obiettivo da raggiungere, ovvero quali sarebbero i cambiamenti concreti che, una volta realizzati, farebbero affermare che il problema è stato risolto.
Fase 3 – Analisi e valutazione delle tentate soluzioni
Come osservava Oscar Wilde:
“È con le migliori intenzioni che il più delle volte si ottengono gli effetti peggiori”
Si identificano sia le soluzioni che hanno avuto successo sia le soluzioni fallimentari messe in atto per risolvere il problema in questione: le tentate soluzioni disfunzionali che alimentano il problema. Le tentate soluzioni possono essere strategie consapevoli o azioni/reazioni inconsapevoli, modi di comunicare, azioni, pensieri e vanno analizzate e svelate nel loro meccanismo di mantenimento e alimentazione del problema.
Fase 4 – Tecnica del come peggiorare
Thomas Edison rispondendo ad un giornalista durante la presentazione della lampadina:
«Non ho fallito. Ho solamente provato 10.000 metodi che non hanno funzionato.»
Questa tecnica spinge a immaginare come aggravare volutamente il problema, per comprendere i comportamenti da evitare.
Fase 5 – Tecnica dello scenario oltre il problema
George Bernard Shaw ci invita a “non aspettare il momento opportuno, ma a crearlo”.
Proiettarsi in uno scenario risolto aiuta a identificare i passi necessari per superare la difficoltà.
Fase 6 – Tecnica dello scalatore
Lao Tse ci ricorda:
“Ogni viaggio di mille miglia inizia con un piccolo passo”
Le guide alpine esperte pianificano la scalata partendo dalla vetta, per stabilire i passi a ritroso necessari al successo.
Fase 7 – Aggiustare il tiro progressivamente
Non è detto che si arrivi subito alla soluzione o che ci troviamo di fronte ad un problema semplice. Potrebbe essere necessario aggiustare il tiro, piuttosto che in caso di problemi complessi individuare più soluzioni dove l’importante è affrontare un problema alla volta, fare un passo alla volta, iniziando dal più piccolo e semplice. Alla base flessibilità e fare per far fronte ad eventuali cambiamenti che si si pongono davanti, perché qui non consideriamo logiche lineari di causa effetto ma circolari, dove entrano in gioco diversi fattori.
Albert Einstein ci offre una riflessione finale:
“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose”.
Il cambiamento richiede azioni concrete, coraggio e apertura a nuove prospettive.
Il problem solving strategico non è solo una tecnica, ma un approccio alla vita, che ci invita a trasformare le difficoltà in opportunità, un passo alla volta.
Leggi altri articoli dello stesso autore
Mauro Pinna
Mauro Pinna è un ingegnere meccanico che ricopre il ruolo di Maintenance Manager in diversi plant del Gruppo Alfagomma, in particolare nella divisione idraulica. Tra le varie attività che svolge, vi sono quelle di implementazione del sistema di gestione della manutenzione in nuovi plant a livello mondo, attività di analisi ed implementazione di soluzioni di Energy Saving, non ultimo lo studio e l’implementazione di impianto di trigenerazione customizzato al processo produttivo.
Vice coordinatore del Branch Abruzzo del Project Management Institute Central Italy e coordinatore Marche e Abruzzo dell’A.I.MAN. Associazione Italiana di Manutenzione, la sua curiosità e la sua passione lo hanno portato ad approfondire power skills e neuroscienze al fine di capire le dinamiche cognitive alla base di conflitti ed inefficienze in campo non solo professionale ma anche personale. Trainer e Problem Solver Strategico, svolge corsi di formazione e affianca le
aziende e i professionisti in percorsi di cambiamento e/o risoluzione problemi/conflitti.
Leggi tutti gli articoli su ManagementTalks.it
Scrivi un commento