di Max Bindi

Se fosse facile… non servirebbe la facilitazione!”

La Metodologia Agile pone il tema dei conflitti al centro in un ottica (finalmente) diversa e innovativa, che si allontana dallidea che il conflitto sia solo un problema da risolvere o qualcosa da evitare a tutti i costi. Al contrario la conflittualità costruttiva è considerata una forza creativa e un elemento imprescindibile del dialogo in ogni fase di lavoro del Team Agile, nel quale membri sono resi volutamente interdipendenti per ottenere risultati migliori.

Proprio per questo motivo alcune delle caratteristiche più significative dei membri di uno Scrum Team sono quelle abilità interpersonali che consentano di collaborare in modo costruttivo per gestire al meglio la complessità del progetto (suggerisco la lettura dell’articolo “Gli agile team member ideali” recentemente pubblicato su questo blog).

Questo non è vero solo in teoria… ma anche in pratica: Scrum Master e Team Leader sanno…

Riconoscere e gestire le Fasi di Sviluppo del Team di Progetto sulla base di modelli di riferimento consolidati.

5 Stages of Group Development By Bruce Tuckman

  1. Forming
  2. Storming
  3. Norming
  4. Performing
  5. Adjourning

Identificare i Livelli di Conflitto nel Team di Progetto e intervenire in modo adeguato con pratiche di Agile Coaching efficaci.

Coaching Agile Teams By Lyssa Adkins

  1. Problem to Solve
  2. Disagreement
  3. Contest
  4. Crusade
  5. World War

Ma non è facile come sembra.

I conflitti mettono sempre le persone fuori dalla zona di comfort. Ognuno ha il proprio modo di affrontare il conflitto in alle proprie tendenze comportamentali, al contesto educativo e culturale in cui è cresciuto, alle esperienze lavorative in cui si è formato professionalmente e soprattutto ad esperienze “emotivamente significative” del passato. Senza contare che conflitti mal gestiti e apparentemente sanati rischiano di nascondere questioni irrisolte, di riemergere o (peggio) di trascinarsi nell’ombra condizionando le dinamiche interne del Team Agile fino a diventare personali.

Ed è qui che servono competenze avanzate di facilitazione…

Il Livello 4 del conflitto, secondo il modello Coaching Agile Teams è:

Crusade [crociata] – A questo punto lobiettivo delle varie fazioni che si sono create è uno solo: costringere gli altri a lasciare il Team. La discussione si sposta su questioni ideologiche e le questioni afferenti il progetto sono praticamente dimenticate.

A questo livello il tipo di intervento suggerito è:

Diplomazia: lavorare sulle strutture [ovvero gli strumenti di un Team Agile], mediando tra i due gruppi finché la situazione non regredisce ad uno dei livelli precedenti. In tale condizione può essere utile anche valutare la possibilità di proporre ad alcuni elementi del Team una ricollocazione in un altro Team.

Sembra saggio. Se non fosse che il tipo di mediazione suggerito è la shuttle diplomacy che consiste nel “portare i pensieri da un gruppo all’altro”. Vuoi provare a farlo? Sei sicuro? OK. Auguri. Buon divertimento!

Voglio essere chiaro su un punto: non bisogna arrivare al Livello 4 del conflitto. Ma se siamo già a quel punto (adesso dirò una cosa da “eretico” come al solito) la soluzione proposta dalla Adkins nel 90% dei casi non funzionerà. E infatti l’epilogo più probabile è la ricollocazione di qualcuno. E con tutta probabilità ci sarà un ulteriore “effetto collaterale” che vedremo dopo. Se siamo arrivati a questo punto del conflitto le persone sono in “stati alterati” non facili da gestire. Per facilitare a questo livello sono necessarie competenze di facilitazione avanzate, che non si occupino solo sulla superficie [la realtà concreta sulla quale sarà necessario trovare un accordo] ma che tengano conto delle dinamiche psicologiche che muovono le persone ad un livello un po’ più profondo.

IL TRIANGOLO, NO…”

L’errore fondamentale di quel tipo di mediazione si chiama triangolazione. La triangolazione avviene quando una persona che si trova in un posizione di facilitazione di un conflitto tra 2 o più fazioni veicola idee e informazioni da una parte all’altra. Il problema è che in questo modo la “tensione” che dovrebbe esprimersi tra le fazioni, si scaricherà invece sul malcapitato facilitatore. Che è un mondo elegante per dire che tutte le fazioni coinvolte si arrabbieranno con lui. Proprio questo è l’effetto collaterale di cui parlavo sopra e che ognuno di noi qualche volta ha sperimentato: non solo rischiamo di non avere la de-escalation stiamo cercando di ottenere… rischiamo di compromettere la nostra relazione con i membri del team, di “perdere” la posizione di facilitazione o addirittura finire trascinati nel conflitto.

Questo tipo di mediazione, fatta con tutte le migliori intenzioni, è la classica tipologia di errore che il modello del Problem Solving Strategico di Giorgio Nardone identifica come una “tentata soluzione che rende persistente e peggiora il problema”.

Cosa bisogna fare, quindi?

Per non arrivare a quel punto, ci sono molte cose concrete che possiamo fare… ma mi limito ad un suggerimento che cercherei di mettere da subito tra le regole del Team Agile. Una versione qualsiasi, con parole scelte dal Team Agile, del principio “Affrontare i disappunti il prima possibile, in modo chiaro diretto e costruttivo” andrà benissimo e eviterà buona parte dei problemi.

Se invece siamo già arrivati al Livello 4, dobbiamo fare quello che nella facilitazione si chiama creare un contenitore sicuro nel quale le persone possano esprimere in modo diretto e nelle modalità migliori possibili le proprie posizioni, possano comprendere quelle delle altre fazioni e raggiungere una prima pace temporanea, un primo accordo anche solo di temporanea non belligeranza con qualche regola che permetta di non bloccare l’avanzamento del progetto. E se necessario reiterare il processo andando, di volta in volta, sempre un po’ più a fondo. Creare il contenitore sicuro permette alla tensione di esprimersi nel luogo giusto, in modalità non eccessive e, se siamo bravi, senza stati alterati.

Gli elementi di un contenitore sicuro riguardano luogo, tempo, persone, emotività e regole:

Luogo Possibilmente dovrebbe essere neutrale, mettere a proprio agio le persone, e sufficientemente riservato da poter permettere di esprimersi anche con un po’ di emotività senza troppi pensieri.

Tempo Abbiamo sufficiente margine di tempo per aprire l’argomento e raggiungere una prima pace temporanea? E il momento è quello giusto… o ci sono altri fattori di cui dobbiamo tenere conto?

Persone Sono presenti tutti ruoli e le persone coinvolte nel conflitto… senza nessuno in più? È presente un ruolo di facilitazione?

Emotività Lo stato emotivo delle persone presenti è gestibile? Le persone coinvolte hanno, magari con l’aiuto della facilitazione, una ragionevole capacità di evitare o contenere possibili “stati alterati?” Come dobbiamo prepararci? Magari è il caso di dormirci su?

Regole Abbiamo concordato o possiamo concordare un set di “regole del gioco” che possa permetterci di gestire l’interazione al meglio?

Una domanda importante che ci dobbiamo fare, se siamo noi nel ruolo di facilitatore, è se ce la sentiamo di occupare quel ruolo… oppure se abbiamo bisogno di un po’ di preparazione in più o di un aiuto dall’esterno. E in quel caso chiedere aiuto.

Il primo spazio di cui prendersi cura è il nostro spazio interiore.

Max Bindi

Facilitatore specializzato nel lavorare con Team in situazioni complesse. Ha incontrato i più grandi esponenti mondiali della crescita personale e professionale, ed ha sperimentato e introdotto spesso per primo in Italia metodologie, strumenti e pratiche di self awareness, teamwork e time management innovative e non convenzionali, specializzandosi negli ultimi anni di rivoluzione del mondo del lavoro sulle piattaforme di team collaboration e work management.

Più di 20 anni passati affiancando persone e team di lavoro delle più importanti aziende italiane. Founder con Sinergie Education del progetto iFacilitatori che porta lesperienza della Facilitazione nelle Organizzazioni del mondo del Business e della Pubblica Amministrazione.

Si è guadagnato letichetta di eretico per il suo approccio orientato a mettere in discussione modelli e idee tradizionali. Per rispondere alla situazione sempre più complessa degli ultimi anni, ha orientato metodologie e strumenti perfezionati in contesti organizzativi alla facilitazione di percorsi individuali di evoluzione, creando il Metodo FIND Facilitazione INDividuale.

 

 

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