Intervista a Raffaello Torraco autore del libro
Agile Remoto: Strategie e pratiche per collaborare efficacemente a distanza”

II Parte

a cura di Silvia Donatello

Ripartiamo dalla prima parte dell’intervista che trovate qui e continuiamo a parlare con Raffaello Torraco di Agile Remoto, un approccio a tutto tondo su un tema che è già realtà e rivoluzionerà il modo di organizzare il nostro lavoro!

Raffaello, nel libro fai riferimento a diversi casi studio. C’è un esempio in particolare che ritieni rappresenti al meglio i benefici dell’Agile nel lavoro remoto?

Probabilmente il caso di TechVantage che descrivo nel capitolo 7: un’azienda di software B2B specializzata in soluzioni di Sales Enablement che ha affrontato con successo la sfida di bilanciare sviluppo di prodotto e progetti cliente attraverso quello che nel libro definisco un “modello di portfolio ibrido”.

La loro sfida iniziale era quella tipica di molte organizzazioni B2B: da un lato la necessità di evolvere continuamente il proprio prodotto per rimanere competitiva nel mercato, dall’altro l’esigenza di gestire progetti di customizzazione e integrazione per clienti enterprise.

Complice il contesto remoto, l’organizzazione ha colto l’opportunità per sviluppare un modello rigoroso di Portfolio Progetti Adattativo dove lo stream di discovery parallelo alimenta sia lo sviluppo del prodotto che i progetti cliente. Ogni opportunity attraversa un processo strutturato di validazione che produce un High Level Design e una stima del budget di implementazione.

Il MetaScrum, ovvero forum di gestione tattico/strategico del Framework Scrum@Scale, si è evoluto in un hub di innovazione a cui partecipano manager e rappresentanti di team sia di prodotto che dei progetti cliente, fungendo da punto di coordinamento dove le priorità di prodotto e progetti vengono bilanciate e allineate.

L’aspetto più significativo per il contesto remoto è come questo approccio ci abbia permesso di trasformare spesso richieste specifiche di clienti in funzionalità di prodotto, creando un circolo virtuoso dove i progetti alimentano l’evoluzione del prodotto e viceversa. Il processo di discovery, quando ben strutturato nel contesto distribuito con la sua naturale enfasi su documentazione e trasparenza, permette di catturare non solo le soluzioni ma tutto il contesto che le ha generate.

Come ho evidenziato nelle lezioni apprese dal caso, le best practice emerse includono un processo di discovery leggero ma rigoroso, una comunicazione trasparente con tutti gli stakeholder, un sistema di prioritizzazione che bilancia esigenze immediate e strategiche, e un focus costante sulle opportunità di riuso e scalabilità. L’esperienza di TechVantage dimostra che è possibile gestire efficacemente un portfolio ibrido da remoto mantenendo agilità e creando valore sia per i clienti specifici che per il prodotto nel suo complesso.

Lavorare in remoto può influenzare la cultura aziendale. Come vedi evolversi la cultura delle aziende che adottano Agile Remoto rispetto a quelle più tradizionali?

La cultura nelle organizzazioni Agile remote evolve in direzioni sorprendenti. Ho osservato un paradosso interessante: il lavoro remoto ci spinge a essere più umani, non meno. I team che prosperano sono quelli che hanno trovato modi per amplificare le connessioni umane attraverso la tecnologia, non per sostituirle.

Le organizzazioni Agile remote sviluppano:

  • Maggiore fiducia perché devono fidarsi per necessità
  • Comunicazione più chiara perché l’ambiguità costa cara
  • Documentazione migliore che diventa memoria istituzionale viva
  • Autonomia reale non solo dichiarata

Rispetto alle organizzazioni tradizionali, vedo emergere una cultura più orientata ai risultati che alle ore di presenza, più inclusiva geograficamente, e paradossalmente più connessa umanamente proprio perché la connessione deve essere intenzionale.

Guardando al futuro, pensi che il modello Agile remoto diventerà lo standard per le organizzazioni o vedremo un ritorno a modalità più ibride o in presenza?

Sono convinto che il futuro non sarà né completamente remoto né un ritorno al passato; vedo emergere quello che chiamo “Remote-First Hybrid” (io stesso lavoro con questa modalità) – organizzazioni progettate primariamente per il remoto ma con momenti di presenza mirati e ad alto valore. Non si tratta di essere in ufficio 2-3 giorni a settimana obbligatori, ma di progettare esperienze in presenza specifiche: workshop di innovazione, team building, pianificazione strategica.

Il remoto diventerà lo standard per il lavoro quotidiano, con la presenza riservata per attività che beneficiano realmente della co-locazione fisica.

Nel tuo libro, sottolinei il ruolo della fiducia e dell’autonomia nei team remoti. Quali strategie consigli per costruire un ambiente in cui i collaboratori si sentano responsabilizzati e motivati a dare il massimo anche a distanza?

La fiducia nel remoto non si costruisce per caso: richiede architettura intenzionale. Le strategie che consiglio:

Vulnerabilità del leader come catalizzatore. Patrick Lencioni evidenzia come la vulnerabilità del leader sia il primo passo per costruire fiducia. Nel contesto remoto, questo significa essere aperti sulle sfide che si affrontano, ammettere i propri errori e mostrare un’autentica curiosità per il feedback degli altri.

Rituali di connessione umana. Ho visto team trasformarsi con semplici pratiche come gli “small talk” all’inizio dei daily standup o i “caffè delle storie” settimanali dove si condividono esperienze personali, non lavorative.

Autonomia con responsabilità. I team più efficaci sviluppano quello che Stephen M.R. Covey chiama “fiducia intelligente”: un approccio che bilancia la fiducia con verifiche appropriate.

Celebrazione dei fallimenti intelligenti. Nel remoto è ancora più importante creare sicurezza psicologica celebrando gli esperimenti, anche quando falliscono.

La chiave è comprendere che la fiducia emerge come il fondamento su cui costruire qualsiasi team remoto efficace, ma nel contesto distribuito deve essere costruita intenzionalmente, non può emergere spontaneamente come in presenza.

L’ Agile remoto non è un compromesso o un piano B. Quando implementato con consapevolezza e intenzionalità, può portare a livelli di collaborazione, innovazione e benessere superiori a quelli che abbiamo visto negli uffici tradizionali. La sfida è avere il coraggio di ripensare veramente il modo in cui lavoriamo, non solo dove lavoriamo.

Bibliografia 

Agile Remoto: Strategie e pratiche per collaborare efficacemente a distanza, di R. Torraco, LEGGI LA NOSTRA RECENSIONE

Editore Indipendente, disponibile su Amazon

 

Raffaello Torraco

è Agile e Business Coach, autore e speaker internazionale specializzato in trasformazioni organizzative in contesti remoti e distribuiti. Con oltre un decennio di esperienza sul campo, ha accompagnato organizzazioni di varie dimensioni – da startup innovative a multinazionali consolidate – attraverso settori che spaziano dalla finanza al manifatturiero, dall’IT ai servizi. La sua expertise combina competenze tecniche avanzate con una profonda comprensione delle dinamiche umane del cambiamento, integrando principi di Comunicazione Efficace e metodologie Agile; ha contribuito allo sviluppo di framework e pratiche per la gestione di team distribuiti ad alte prestazioni. Come speaker riconosciuto nelle principali conferenze Agile europee, Raffaello è noto per il suo approccio pragmatico e provocatorio che sfida i luoghi comuni del lavoro remoto. Non crede nel “remote facile”, ma sostiene che il successo distribuito richieda intenzionalità, struttura e un investimento consapevole nelle relazioni umane. Autore di “Agile Remoto: Strategie e pratiche per collaborare efficacemente a distanza”, condivide attraverso i suoi scritti e interventi una visione del futuro del lavoro che è profondamente umana quanto tecnologicamente avanzata. Vive tra Lucca e ovunque ci sia buon wifi, dimostrando quotidianamente che la distanza può diventare un superpotere organizzativo.

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